Alto Adige — 04 luglio 2009 pagina 15 sezione: CRONACA
L'articolo che segue ricalca un altro, piu' ampio, apparso ne Il Giornale del 02 Luglio 2009. BOLZANO. Aaron Fait, 37 anni, dopo aver terminato il liceo Torricelli a Bolzano, ha fatto un bel po’ di strada. Lavora al College Ben Gurion, a Sde Boker, nell’«antideserto» israeliano. Si occupa di biotecnologie e agraria delle zone aride. Oltre a creare orti nel deserto, estrae dalle alghe una sostanza colorante, che rende rosa i pesci allevati nel deserto. Rosa come i salmoni norvegesi. Fait, per inseguire il suo sogno impossibile nel deserto mediorientale, ha lasciato un prestigioso incarico al Max Plank Institut di Berlino. Ora lavora al College Ben Gurion, nell’esatto baricentro desertico di Israele, pochi chilometri a sud del kibbutz Sde Boker, dove il padre della patria Ben Gurion risiedeva quando non faceva il primo ministro a Gerusalemme. Per darsi alle ricerche nel deserto, assieme a moglie e tre figli ha risposto, come un centinaio di giovani ricercatori e scienziati, a due richiami che altrove difficilmente esistono: quello avventuroso e pionieristico della frontiera e quello forse meno romantico ma non meno avventuroso e pionieristico della scienza. Fait oggi lavora nel dipartimento di biotecnologie e agraria delle zone aride. Si occupa, fra le molte altre cose, dell’estrazione di una sostanza, la Astaxanthin, dalle alghe che appartengono alla famiglia dei carotenoidi. Una specie di pozione magica, capace di dipingere la vita: un antiossidante che colora di rosso il pomodoro e di rosa la carne dei salmoni allevati in vasche. Insomma, li trasforma in salmoni dello stesso identico colore dei più pregiati al mondo, quelli norvegesi. Ma oltre a produrre pesciolini colorati - che già vengono venduti con successo «in città» - nell’antideserto Fait studia come sfruttare l’olio che le microalghe producono come “biofuel”. Alcune sono capaci di accumulare fino al 60 percento della loro biomassa, offrendo quella che il ricercatore bolzanino definisce «l’unica soluzione, nel campo del biodiesel, capace di liberare l’umanità dal fatidico triangolo acqua-cibo-energia». Secondo Fait, il deserto non dovrebbe insomma far pensare al luogo di punizione delle anime, ma a quello di speranza per l’umanità. I ricercatori del Ben Gurion si occupano infatti di studiare le strategie molecolari e fisiologiche delle piante desertiche, per poterne isolare i componenti e poter ottenere piante resistenti a un’irrigazione limitata o di acqua riciclata. Dunque, si lavora per creare piante capaci di vivere nel deserto quasi come nel giardino di casa. Piante che si accontentano di nulla, ma che danno tutto: il deserto trasformato in serra fruttuosa e fiorita. Insomma, dove oltre ai salmoni rosa, c’è anche il vino rosso.