giovedì 27 dicembre 2007

È Natale

La giornata uggiosa, umida, bagnata di un natale che si disfa. Operai smantellano Il mercatino, le luci, le tende. Sembrava come un' allucinazione la distesa di piccole tende bianche di fronte al castello, i fari rossi e viola aggiungevano un che di marziano: un accampamento di puffi appena atterrati sulla terra per portare il loro messaggio a tinte blu. Due giorni di famiglie, gluewein caldo, zuccherato e appiccicoso riempie tazze con icone natalizie. Piccoli e alti tavolini sorreggono chi e' venuto per scaldarsi dentro e rendere la giornata meno fredda, meno morta. Il maledetto freddo, il sole che si rifiuta di chiedere un metro quadro a squadroni di nuvole impegnate a far cadere il tedesco comune in una leggera depressiome da carenza di vitamina D. Un solarium, c'e' bisogno di uno, cento, mille solarium piu' che di vino caldiccio come piscio. Sopra le teste di chi beve una coppia di ebrei duri dal freddo come legno su di un piedistallo, vegliano il loro bimbo, lo scaldano nella miseria di una stalla di Israele. Quanto povera possa essere la loro condizione ad occhio sembra di qualche grado piu' fortunata di quella dei "chiusi" qui sotto, impegnati a bere per dimenticare. Due genitori nella felecita' del loro bimbo che presto verra' circonciso come da usanza, ma mai rappresentato tale ai posteri. Forse per vergogna di un glande scoperto ma forse piú per non confondere. Per non instillare dubbi e curiosita' sulla natura del giovane che parla umile ai poveri ed e' un "perfido giudio" come mamma. Non e' bene incuriosire la gente, puo' far tremare i forconi, i fucili e le torce, vacillare la fede; puo' far venire i rimorsi ai guardiani, agli aguzzini, ai boia improvvisamente di fronte alla nudita' del popolo odiato di cui per ironia della sorte o ad opera di un cinico marketing della fede il bimbo fa parte. Due genitori e il frutto del loro amore si stringono, girando su di una piattaforma in legno al suono di un carillon stonato e i loro visi sbiancati dalla censura ecclesiastica ricordano quelli di Sara e Abramo alla vista del loro dolce Isacco, quel figlio oramai non piu' sperato, tanto da chiamarlo Itzchak (egli rise). Un verbo proiettato al futuro "Itzchak", ma nella grammatica toraica il futuro e' usato per raccontare al presente eventi passati. Il passato e il futuro si confondono e non esiste il tempo nella Torah. Il futuro toraico rende tutto eterno, immagini ricorrenti e immutabili attraverso la storia. Isacco e Jeshu nati in modo curioso e legati anche da uno stesso destino, il sacrificio per volere Divino o per poca originalitá... Lascio la piazza, la confusione e i pensieri, mi avvolgo di alberi, della nebbia che sale dal fiume, del silenzio dei miei passi e delle corse del mio cane.

AA

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