sabato 31 gennaio 2009

A just and criminal war

By Yirmiyahu Yovel
Professori emeritus of the Hebrew University, teaches at the New School for Social Research and won the Israel Prize in Philosophy.
Tags: Hamas, Israel news, Gaza

Since the early 1980s Israel has been fighting enemies without uniforms. An entire generation of soldiers has been born into a situation in which the enemy is interwoven into the civilian population. As a result, restrictions were put on the army's actions. But many restraints have been loosened time and again with the justification of one operational necessity or another until, in the war in the Gaza Strip, the fetters were removed in an almost unprecedented way.

In the name of a justified goal, Israel rained down fire and destruction on a closed ghetto with one of the highest population densities in the world. For three weeks, parents and children were crowded into unprotected apartments or fled from one school to another, from one hospital to the next; but they had no refuge from the bombs of the best air force in the world, or the shells of ground forces that sacrificed scores, even hundreds of these people in order to minimize the risk to its own soldiers, and to strike at terrorist fighters, who should justly be hit, but not at any price.

About 1,300 people were killed, mostly non-combattants, including hundreds of children. Entire families were destroyed, thousands were injured and some 60,000 homeless people are now scrabbling among the ruins of Gaza to gather remnants of their possessions.
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This is a tragic scene, which the citizens of Israel have barely seen on their television screens - and the little they saw they are trying to blur or repress at this moment of supposed "victory," which is nothing but a cease-fire. But the tragedy is not only Gaza's: It is also a tragedy for Israel. The impoverished prisoners of the Strip are trapped by two systems of occupation that oppress them: by the Israeli power that knowingly has operated with little restraint (following a "landlord went crazy" policy, as this was dubbed), and by a fanatical religious organization that is blind to reality and prepared to fight "the Zionist entity" and its inhabitants down to the last Gazan child.

The last time the Israel Defense Forces fought regular armies as such was in 1973 - before today's battalion and brigade commanders were even born. Since then the conflict has deteriorated into a war between two peoples, two civilian populations. Hence, the throbbing hatred this war has generated, as have the acts of injustice and criminality it entails. From Israel's perspective, it is now caught in a trap that prevents it from acting, even in cases of justified defense, without committing humanitarian crimes, some of which are war crimes.

There are Israelis prepared to pay such a high moral price, either consciously or while repressing it. As can be gathered from the reactions today, many people are ready to accept the paradox inherent in the term "a just and criminal war," and to live with it while blurring its significance. Presumably most of those who are prepared to do this console themselves with the thought that this is a temporary situation, not a permanent feature that defines the mode of existence of the society and state to which they belong.

But is that true? The Gaza war dramatically demonstrated that the conjunction of justified combat and war crimes is not an individual instance of this war or that, rather it is becoming a permanent model for the struggle between Israelis and Palestinians. As long as this is a struggle between two populations, occupier and occupied, and as long as there is no peace between Israel and an independent Palestinian state existing beside it, the Israeli soul will be divided between justice and crime, holding onto each other with no way out, like two Siamese twins

The more we become insensitive to the full implications of our acts, the more will a sense of revulsion, regret, and the loss of the significance of Israel as a just state prevail beneath the surface - and not only in the eyes of the outside world, which in time might condemn Israel as an evil state, but also in the eyes of many of the Israel's own Jewish citizens.

If this combination evolves into a permanent psychological and social pattern in Israel, it might portray Israel as an international pariah and spur severe domestic alienation among many of its inhabitants, those who today confine themselves to shame and silence, or conceal their faces from others and themselves. Such an outcome will be far more dangerous for the state's existence than terror.

Therefore, anyone who holds with the doctrine of "the sword shall devour forever" (2 Samuel 2:26) must take into account that in the existing circumstances of occupation, this is a double-edged sword.

The way to overcome this is to create conditions for peace with the Palestinians. Toward this end, Israel should mobilize all of its resources, and its supporters abroad, in order to strengthen Palestinian society and the capability of its leaders to rehabilitate its people, and to carry out effective governance.

Building the Palestinian economy and government is a vital advance payment on peace, and therefore an Israeli interest of the first order.

Prof. Yirmiyahu Yovel, emeritus of the Hebrew University, teaches at the New School for Social Research and won the Israel Prize in Philosophy.

domenica 25 gennaio 2009

Vorrei essere libero (Liberta' G.Gaber)



Come un uomo appena nato
che ha di fronte solamente la natura
e cammina dentro un bosco
con la gioia di inseguire un’avventura.
Sempre libero e vitale
fa l’amore come fosse un animale
incosciente come un uomo
compiaciuto della propria libertà.

La libertà non è star sopra un albero
non è neanche il volo di un moscone
la libertà non è uno spazio libero
libertà è partecipazione.

[parlato]: Vorrei essere libero, libero come un uomo.
Come un uomo che ha bisogno
di spaziare con la propria fantasia
e che trova questo spazio
solamente nella sua democrazia.
Che ha il diritto di votare
e che passa la sua vita a delegare
e nel farsi comandare
ha trovato la sua nuova libertà.

La libertà non è star sopra un albero
non è neanche avere un’opinione
la libertà non è uno spazio libero
libertà è partecipazione.

La libertà non è star sopra un albero
non è neanche il volo di un moscone
la libertà non è uno spazio libero
libertà è partecipazione.

[parlato]: Vorrei essere libero, libero come un uomo.
Come l’uomo più evoluto
che si innalza con la propria intelligenza
e che sfida la natura
con la forza incontrastata della scienza
con addosso l’entusiasmo
di spaziare senza limiti nel cosmo
e convinto che la forza del pensiero
sia la sola libertà.

La libertà non è star sopra un albero
non è neanche un gesto o un’invenzione
la libertà non è uno spazio libero
libertà è partecipazione.

La libertà non è star sopra un albero
non è neanche il volo di un moscone
la libertà non è uno spazio libero
libertà è partecipazione

lunedì 19 gennaio 2009

Come la sinistra Italiana e' incapace di avviare un discorso costruttivo sul Medio Oriente, alienata da idee imbalsamate che puzzano di stantio

E Fassino ricordò: da settori della sinistra pregiudizio ideologico verso israele
Antisemitismo, l'«equivoco» a sinistra
Dalle accuse di Stalin a Trockij all'eterno ritorno del sentimento antisionista

«Genocidio nazista a Gaza», spara il Partito Marxista Leninista intimando «lo scioglimento di Israele e la costituzione di un solo Stato per due popoli». Per carità, guai a prendere sul serio un gruppuscolo infinitamente minoritario che mette Stalin e Mao tra i Maestri: è il ruggito d'una mosca. Ma sarebbe un errore non vedere che nei dintorni di una certa sinistra stanno tornando a galla, sia pure arginati da una specie di pudore, sentimenti «antisionisti» dietro i quali si intravede l'ombra della solita bestia razzista.

Sono segnali, capiamoci: solo segnali. Facili da spacciare come casi isolatissimi all'interno di una reazione corale sobria e saggia. Un paio di bandiere con la stella di David sostituita dalla svastica al corteo di ieri della sinistra extraparlamentare. Un altro paio di bandiere israeliane bruciate nei giorni scorsi. E-mail immonde smistate da internauti «rossi» che incitano a ribellarsi contro «il mostro giudaico-talmudico-sionista che ci domina» e lanciano la parola d'ordine: «Distruggiamo quest'incubo razzista e genocidario infame!». Sventurate dichiarazioni alle agenzie dell'«esule» rifondarolo Marco Ferrando, fondatore del lillipuziano Movimento per il Partito comunista dei lavoratori secondo il quale chi brucia le bandiere israeliane non deve «vergognarsi di nulla» perché brucia «non la bandiera dell'ebraismo, ma la bandiera del sionismo: cioè di uno Stato coloniale nato dal terrore contro il popolo arabo e che si perpetua, da 50 anni, con i metodi del terrore». Frattaglie. Impossibili da spacciare, nemmeno in giornate come queste dominate dalle immagini spaventose di una guerra sconvolgente, per «antisemitismo di sinistra».

Come spiega Amos Luzzatto, a lungo presidente dell'Unione comunità ebraiche italiane e autore del libro «Conta e racconta. Memorie di un ebreo di sinistra», «l'antisemitismo "di sinistra" come atteggiamento innato e necessario di un'idea di sinistra non c'è. Ma certo, dell'antisemitismo esiste anche a sinistra. D'altra parte, se la sinistra appartiene a questa società...». Un paio di anni fa suo figlio, Gadi Luzzatto Voghera, docente di Storia dell'ebraismo a Venezia e certo estraneo alla destra, ha scritto un libro («Antisemitismo a sinistra ») per dimostrare che «sinistra e antisemitismo non sono incompatibili» fin dai tempi in cui il «mito dell'ebreo capitalista, ricco, usuraio» entra «nell'immaginario della sinistra nella seconda metà dell'Ottocento e non ne esce più». Tesi condivisa, ad esempio, da Shalom Lappin, del King's College di Londra, protagonista del «Manifesto di Euston», secondo cui «grandi fette d'una sedicente sinistra fanno causa comune con estremismo, totalitarismo ed antisemitismo». O ancora da chi in Francia, come racconta un'inchiesta di Paolo Rumiz, denuncia il triangolo perverso «fra tre antisemitismi: quello del nazionalismo arabo, quello dell'estrema destra e quello dell'estrema sinistra antimondialista».

Certo, siamo lontani dagli abissi ricostruiti da Riccardo Calimani in «Ebrei e pregiudizio». Dove si racconta, ad esempio, che quando Stalin (che pure favorì la nascita di Israele «prima con aiuti massicci di armi cecoslovacche all'Haganah, l'esercito clandestino ebraico, e poi con il voto all'Onu e il riconoscimento formale del nuovo Stato») scatenò «la sua offensiva con gli oppositori, gli agitatori politici alimentarono l'odio contro Trockij e contro Ztnovev lasciando intendere che non era un caso che entrambi complottassero e fossero ebrei». Alla larga dai paralleli.

C'è però un fastidiosissimo «link» tra gli orrori di ieri e le storture di oggi. Ce lo dice il libro «La confessione» dove Arthur London, un ebreo cecoslovacco, comunista, precipitato nell'incubo dei processi staliniani, ricorda il suo interrogatorio: «Il giudice istruttore mi domanda bruscamente di precisare per ognuno dei nomi che verranno citati nell'interrogatorio se si tratti o meno di un ebreo; ma ogni volta nella sua trascrizione sostituisce la designazione di ebreo con quella di sionista: "Facciamo parte dell'apparato di sicurezza d'una democrazia popolare. La parola giudeo è un'ingiuria. Perciò scriviamo sionista"». Assurdo, si ribella London. Il giudice fa spallucce: «Del resto anche in Urss, l'uso della parola giudeo è proibita». Basta sostituirla e, oplà, ecco l'antisemitismo politicamente corretto. Fatta la tara all'immensa diversità della situazione, è proprio così diverso, oggi, il gioco di un pezzo, minoritario, di sinistra?

Piero Fassino, qualche anno fa, rispose così: «Rappresentare Israele come uno Stato militarista, aggressore o, come qualcuno dice, fascista, è una sciocchezza, come lo è non riconoscere che Israele è una società democratica. Identificare la politica della destra israeliana con Israele tout court è un'operazione che non viene fatta con nessun Paese al mondo». Era, allora, il segretario dei Ds e riconosceva che «ci sono settori della sinistra che hanno parole d'ordine fondate su un pregiudizio ideologico e manicheo verso Israele, che spesso "coprono" il resto» e disse di riconoscersi nella tesi di Adriano Sofri. Il quale, denunciando i ritardi e le ambiguità di «tanta sinistra», aveva tagliato corto: «Non possiamo confidare nell'Europa e tanto meno amarla se non amiamo lo Stato di Israele (in nessun altro caso userei un'espressione come «amare uno Stato») e il suo popolo misto, coraggioso e spaventato. Il suo popolo, non soltanto le minoranze ammirevoli, i pacifisti che fraternizzano con gli arabi di Israele e di Palestina, i riservisti renitenti, le donne che difendono la vita e un'altra idea di coraggio, gli intellettuali che onorano la verità e non la sottomettono a una nazione».

C'è chi dirà: ma li avete visti, oggi, i bambini di Gaza? Immagini che fermano il respiro. Ma proprio per questo, a chi come l'ex deputato rifondarolo Francesco Caruso disse (in momenti diversi) che era «meglio essere uno di Hamas all'italiana, che un Mastella alla palestinese», vale la pena di ricordare quanto spiegò anni fa Giorgio Napolitano. Riconoscendo che «prima che nel Pci, a partire dagli anni 80, si affermasse una posizione politica coerente, se c'era antisemitismo si presentava nelle vesti di antisionismo». Ricordò, il futuro capo dello Stato, che «si protrasse a lungo l'equivoco di una contrapposizione al sionismo: come se questo costituisse un'ideologia reazionaria che nulla aveva a che vedere con la storia del popolo ebraico, e come se fosse l'incarnazione di un disegno di oppressione nei confronti dei palestinesi, un disegno di potenza dello Stato d'Israele». Ecco, possibile che quell'«equivoco» possa protrarsi ancora?

Gian Antonio Stella
18 gennaio 2009

venerdì 16 gennaio 2009

Lettera aperta di A.B. Yehoshua

An open letter to Gideon Levy
By A.B. Yehoshua
Tags: Gideon Levy, Gaza, Hamas

Dear Gideon,

You remember that in recent years I called you occasionally to praise you for your articles and your writing about the wrongs done to the Palestinians in the administered territories, whether by the army or by the settlers. Physical wrongs, land expropriations, acts of abuse, perversions of justice and so on. I told you that it is very difficult to read what you write, because it weighs on our conscience, but that the work you are doing and the voice you are sounding are extremely important. I was also concerned about your physical safety, knowing that you risked your life by visiting such hostile places.

I did not ask you why you did not visit Israeli hospitals in order to tell the painful stories of Israeli citizens who were hurt in terrorist attacks. I accepted your position that there are plenty of other journalists doing this and that you had taken on the crucial mission of telling the story of the afflictions of the other side, our enemies today and our neighbors tomorrow. Accordingly, it is from this position of respect that I find it necessary to respond to your recent articles on the war in which we are engaged today, so that you will be able to preserve the moral validity of your distinctive voice for the future. A few years ago, when the Hatuel family - a mother and her four children, of blessed memory - were killed on the way to one of the settlements in Gush Katif, I believed that this terrible death pained you as it did all of us but that like many of us you said in your heart: Why should these Israelis endanger their children by living provocatively, hopelessly, dangerously and immorally in Gush Katif? By what right do 8,000 Jews expropriate a sizable area in the densely overcrowded Gaza Strip in order to build blossoming villages before the eyes of hundreds of thousands of refugees living in such abysmal conditions? You were angry, as I was, at the parents and at those who sent them. And even though I believe that like all of us you felt the pain of the children who were killed, you did not brand the leaders of Hamas "war criminals" as you did the Israeli leaders, and you did not demand the establishment of an international tribunal to try them.
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When I asked you after the disengagement from Gaza, Gideon, explain to me why they are firing missiles at us, you replied that they want us to open the crossings. I asked you whether you truly believe that if they fire missiles the crossings will be opened, or the opposite. And whether you truly believe that it is right and just to open crossings into Israel for those who declare openly and sincerely that they want to destroy our country. I did not get an answer from you. And even though the crossings were in fact opened many times, and were closed in the wake of the missile attacks, regrettably I still did not see you standing firmly behind a moral position which says: Now, people of Gaza, after you expelled the Israeli occupation from your land, and justly so, you must hold your fire.

The doleful thought sometimes crosses my mind that it is not the children of Gaza or of Israel that you are pining for, but only for your own private conscience. Because if you are truly concerned about the death of our children and theirs, you would understand the present war - not in order to uproot Hamas from Gaza but to induce its followers to understand, and regrettably in the only way they understand in the meantime, that they must stop the firing unilaterally, stop hoarding missiles for a bitter and hopeless war to destroy Israel, and above all for the sake of their children in the future, so they will not die in another pointless adventure.

After all, now, for the first time in Palestinian history, after the Ottoman, British, Egyptian, Jordanian and Israeli conquests, part of the Palestinians has gained a first and I hope not a last piece of land on which they are to maintain a full and independent government. And if they start building, developing and pursuing social endeavors, even according to Islamic religious law, they will prove to the whole world, and especially to us, that the moment we terminate the occupation they will be ready to live in peace with their surroundings, free to do as they wish, but also responsible for their deeds.

There is something absurd in the comparison you draw about the number of those killed. When you ask how it can be that they killed three of our children and we cause the killing of a hundred and fifty, the inference one can draw is that if they were to kill a hundred of our children (for example, by the Qassam rockets that struck schools and kindergartens in Israel that happened to be empty), we would be justified in also killing a hundred of their children.

In other words, it is not the killing itself that troubles you but the number. On the face of it, one could answer you cynically by saying that when there will be two hundred million Jews in the Middle East it will be permissible to think in moral terms about comparing the number of victims on each side. But that is, of course, a debased argument. After all, you, Gideon, who live among the people, know very well that we are not bent on killing Palestinian children to avenge the killing of our children. All we are trying to do is get their leaders to stop this senseless and wicked aggression, and it is only because of the tragic and deliberate mingling between Hamas fighters and the civilian population that children, too, are unfortunately being killed. The fact is that since the disengagement, Hamas has fired only at civilians. Even in this war, to my astonishment, I see that they are not aiming at the army concentrations along the border but time and again at civilian communities.

Please, preserve the moral authority and concern that you possessed, and your distinctive voice. We will need them again in the future, which promises further ordeals on the road to peace. In the meantime, it would be best for us all - we and the Palestinians and the rest of the world - to follow the simple moral imperative of Kantian philosophy: "Act only according to that maxim by which you can at the same time will that it should become a universal law."

In friendship always,

The writer is an Israeli author. His latest novel, "Friendly Fire," was published in recent months.

mercoledì 14 gennaio 2009

Satirik

I wake up in the morning and suddenly fall on me TIL
How would you feel if someone throws on you TIL
לא בשביל זה בנינו בית יהודי

The children theysit in M.M.D
We cant go to MAKOLET, we cant go to school
But you don't understand because you live LACHEM BECHUL
How would you feel if in Paris they throw on you TIL
You ask for croissant but instead they throw on you TIL
Our army is הכי מוסרי בעולם
או לפחות בין החמישה המוסריים מכולם
טוב אולי אפשר לסגור
על הכי מוסרי באזור



איך זה נראה מאחורי הקלעים?
בואו לראות תמונות של צמד הראפרים בחזרות

איך זה נראה מאחורי הקלעים?

They throw on us TILIM, we come with METOSIM
But remember who started shooting on EZRACHIM
How do you feel if in London they shoot on EZRACHIM
You want LASHUT in the TEMZA but instead they shoot on EZRACHIM

If you ask why we fight
we say
They started
If you ask why we bomb
we say
They started
If you ask what we want
we say
.....

It's so hard when there is TZEVA ADOM
We have to לארח תושבות מהדרום
They walk naked in the house, they are so MISKENOT
Because גראד פגע להן בחדר ארונות

You support us or we take Benayun from Liverpool
And we tell Noa Tishbi to take back BETIPUL
We take Bar Refaeli, נשאיר את ליאו בלי כלום
Lets see him dating with Um Kultum
How do you feel if Leo was dating Um Kultum
And in "Sports Illustrated" instead of Bar there's Um Kultum

Look on us
Look on them
מי יותר דומה לכם
We have McDonalds
תיכף H&M
אפילו סודוך לא הגיע אליהם
אם לא תהיו בעדינו, לא תהיה ברירה
נזכיר לכם מה פעם באירופה קרה.
(הדי ג'יי: ) "שריפה אחים שריפה"....
נראה לי שהנקודה ברורה

Now you know how it feels if someone throws on you TIL
I hope they know how it feels if someone throws on you TIL
Support us, Hate them!
X-Plain!

מילים: אסף שלמון, אסף גפן, אילן שפלר
לחן: דודוש קלמס, גל תורן

Il libro del mese

La grande manovra a tenaglia. La sfortunata lotta contro l'imperialismo di Nadal Pis'cianz da Montona

Claudio Fait

Prezzo di copertina: € 14,00

I contenuti

Istria, settembre 1677. L'ex seminarista e contrabbandiere Nadal Pis'cianz è condannato a cinque anni di remo. Al terzo, la galera sulla quale è imbarcato è abbordata e catturata dai Morlacchi e lui venduto come schiavo in Albania. Diventa musulmano, s'affranca involontariamente dalla servitù, s'arruola nell'esercito turco e al suo seguito attraversa il Montenegro e la Bosnia per partecipare all'invasione dell'impero asburgico. Dicembre 1682. Un minuscolo contingente militare si stacca dall'armata dei sultano Muhamad IV, sbarca in Istria con l'intenzione di raggiungere l'Austria, aggredire alle spalle le truppe imperiali, costringerle a difendersi su due fronti e favorire così l'avanzata ottomana dai confini ungheresi verso Vienna. E a questo punto che s'intrecciano le due storie, perché l'idea della "Grande Manovra a Tenaglia", avuta e sostenuta con ossessiva caparbietà dal promotore della spedizione, ma ostacolata dallo scetticismo dei suoi ufficiali, rischia di rimanere un'astratta ipotesi strategica, finché, ad esaltarne la genialità non interviene un umile fantaccino capitato lì per caso e gratificato di virtù divinatorie...


Il dialogo

Il Rabbino di Venezia Richetti in un'intervista sull'impoverimento del dialogo con la chiesa cattolica e la reintroduzione della preghiera che auspica il ritorno degli ebrei alla "Vera" Fede (quella cattolica per intenderci):
«Dialogare vuol dire rispettare ognuno il diritto dell'altro a essere se stesso, cogliere la possibilità di imparare qualcosa dalla sensibilità dell'altro, qualcosa che mi può arricchire. Quando l'idea di dialogo come rispetto sarà ripristinata, i rabbini italiani saranno sempre pronti a svolgere il ruolo che hanno svolto negli ultimi cinquant'anni».
V.di articolo intero qui

martedì 13 gennaio 2009

Take a break.

We take the car, it is a sunny day, it looks a peaceful day. We drive across the desert hills of the northern Negev, the same sensual hills in Shalev's book. We chose the hours within the humanitarian ceasefire, you never know. The traffic is not as usual. You once said : "Israel is 6milion people in their car driving north to south and backward, every day"... just not today. It's wartime. Our children are locked in their Kindergartens, the students aren't crowding the university, the families are not running from one shopping center to the other. Not bad,... for an instant, a sarcastic instant. The war. Leave it out of the car for today.
Tel Aviv, Jaffa, the confusion and decadent blocks of Jaffa, shops of waste and motorcycle alternate. The old city and its blend of Arab, Christian and English culture, The Israeli building rush of the 50s and 60s on top of all that. New projects, for the elite of the Tel Aviv fringe society, apartments in Jerusalem stone, facing the sea, at their foot a promenade stretches with shops and coffeehouses, it is becoming one of the most expensive quarter of Tel Aviv, well... to late to buy an apartment here, dear. The clock-tower, the old Ottoman building of the police station and the sea opens in front of us, the salty smell and breeze tickle the nostrils.
Blue, green and dark blue the sea under the surfs riding the wind and a song, an old song of שׁArik Einstein plays in my head and on my lips.

Taking time and not thinking
Sitting facing the sea and not to worry
Giving the head rest from the explosions
Giving the heart rest from the pressure

I know this is not the time
Actually I ain't ready yet
But the soul wants some rest
Grab air to get back to "reality" (work. in the original version)

Perhaps this is just a little crisis, and it's gone
Or maybe I have become a bit tired

Aa

martedì 6 gennaio 2009

It is just a matter of analogy

If Mexico shelled Texas, like Hamas shells Israel
By Bradley Burston
Tags: Israel News, Israel, Hamas

Analogy One: A fanatical religious party wins a string of elections in Mexico's northern states, then stages a civil war to drive out the federal government and take full control.

The party's charter demands the return to Mexico of the occupied territories of California, Nevada, Utah, Arizona, New Mexico, Colorado and Texas.

Firing homemade rockets and more advanced projectiles smuggled in from Iran and China, the party's gunners can hit a total of one of every seven Americans, or 43,598,000 people, in a broad swath which includes Los Angeles, San Diego, Phoenix, Albuquerque, Austin, San Antonio and Houston, and Las Vegas.
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In all of these areas, pre-schools, grade schools, and universities are all forced to shut down. Families sleep in bomb shelters, and return to them several times a day during air raids. Businesses are shuttered, and the economy shuts down.

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Analogy Two: A man comes into your home. He has a gun he made himself. He points it at your family. He fires, but misses. The gun has little accuracy. He fires repeatedly, missing again and again.

You have a much better gun, made in a real factory. It is in the drawer in the bedroom.

Demonstrators in London and San Francisco - who are distant relatives of the gunman - stage a protest, calling you a murderer and demanding that you keep the well-made gun in the drawer because it would be a disproportionate response.

The man with the homemade gun, it turns out, is a religious fanatic who lives across the street. You were once his landlord. There is much bad blood between you.

He races back across the street. He has a larger weapon that he smuggled in through his basement. He shoots from behind his younger son. He wounds your daughter. You take out a rifle. You aim for him and hit the son, killing the boy.

The demonstrators are now calling you a Nazi and chant "Slaughter the Landlord!"

[In his defense, the neighbor explains that you have kept him and his family locked in the house, and have at times, failed to pay his water, gas and electric bills, causing them to be turned off.

This is some years after the neighbor send out his older son, nicely dressed, to knock on your door. Your older daughter opens the door. He greet her politely, and presses the detonator on a homemade bomb.]

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And finally a word about...

Analogy Three: Gaza as the Warsaw Ghetto

Jew-haters the world over adore this one. It solves a number of problems at once:

It denies and diminishes and exploits the Holocaust, does disrespect to Holocaust victims and survivors alike, alleviates European guilt over complicity with the Nazis, alleviates American guilt over inaction in the face of the annihilation machine, misrepresents both the cruel reality of the Gaza Strip and the cruel reality of the ghetto, dismisses the humanity and the vulnerability of the million Israeli Jews and Arabs within rocket range, and ignores completely the role of Hamas, the Islamic Jihad, the Popular Resistance Committees, and the Al-Aqsa Martyrs Brigades, in having sent thousands and thousands and thousands of rockets and mortars into Israel.

As a bonus, pro-Palestinian demonstrators in San Francisco [where else?], referencing the the Warsaw Ghetto analogy, recently beat up a small number of pro-Israel demonstrators, reportedly shouting "Slaughter the Jew" at them in Arabic.

Way to bring peace.

Those are our boys.

Tre anni fa Israele metteva fine all'ocupazione di Gaza. Smantellava piccoli paesi, insediamenti del periodo in cui si pensava che fosse possibile tenere quella striscia di terra sotto controllo. Gaza ripulita etnicamente dalla presenza ebraica; non sarebbe stato permesso ad ebrei di vivere entro i confini e sotto la giurisdizione dell'autorita' Palestinese. Troppo odio. Dopo la "liberazione di Gaza" inizia il tormento dei Palestinesi, la guerra civile, iniziata da Chamas per il potere. Come usare Israele in tal senso? Razzi, razzi sulle citta' Israeliane oltre confine. Razzi per umiliare il moderato Abu Mazen. Razzi per rendere nulli gli accordi presi con la linea Palestinese pragmatica. Razzi per terrorizzare una popolazione di decine di migliaia di persone. Ad ogni razzo la sirena scatta, nelle scuole si interrompono le lezioni, negli asili si fermano i giochi e tutti corrono nelle camere blindate. 15-40 secondi il tempo che hai per metterti al riparo dalla pallottola impazzita di questa roulette russa. Sparano alla cieca, Chamas, sparano per colpire e uccidere. Ha ragione sig. D'Alema, non sono morti tanti Israeliani da tre anni a questa parte, forse entro la ventina, compresi quelli di oggi, eppure il terrore dei missili, il terrore del Bum, del suono viscerale della sirena sta rovinando una intera generazione. Si puo' vivere sentendosi sempre sotto tiro di un cecchino bendato? Si puo' mandare a scuola o all'asilo i propri figli? Si puo' portarli al mare? si puo' lasciare che escano la sera? si puo' signor D'Alema vivere per piu' di tre anni con razzi che piovono in continuazione. Provi a pensare una situazione similie su Trieste. Gia' pochi morti, troppo pochi per giustificare una azione militare dopo tre anni di tentativi diplomatici, secondo la sua idea. Forse le darei ragione, forse se l'avessi sentita commentare in questi tre anni l'azione terroristica di Chamas sulla popolazione Israeliana, se avessi visto una pressione diplomatica su Chamas, se avessi visto un sostenimento chiaro di Abu Mazen, Forse le darei ragione. Eppure, eppure sembra che la sua sinistra sappia fare bei discorsi solo quando si accendono le telecamere sul Medio Oriente, e qualche razzo ogni giorno, lo sgretolamento della sanita' mentale di migliaia di bambini Israeliani, quella non fa notizia. Quella non e' abbastanza per discorsoni.
La tattica di Chamas ha avuto i suoi frutti, tra la guerra civile Palestinese finita con un golpe di Chamas e il debole appoggio della comunita' internazionale ad Abu Mazen, Chamas raggiunge il potere e continuano a cadere razzi su Israele. Ora che il potere l'hanno raggiunto, ora che hanno la possibilita' di venire riconosciuti dal mondo intero -pensavo- ora cambieranno strategia, non avrebbe senso altrimenti, hanno Gaza sotto controllo, la West Bank con Abu Mazen e' lontana, hanno la possibilita' di creare qualcosa di loro. Ingenuo! troppo razionale, o forse solo troppo pretenzioso. Chamas si trova al bivio e non sa prendere una decisione e hanno inizio le danze. Il Waltzer tra diplomazia semi soffocata e militarismo. Chamas e' ostaggio della sua stessa ideologia e non riesce a cogliere l'occasione di portare i Palestinesi di Gaza un passo avanti. Israele ha una prima incursione, un centinaio di morti. Gia' signor D'Alema, le piace il termine violenza sproporzionata. Forse non ha chiaro in mente come funziona la tattica di Chamas. Sparare da dietro un edificio, da una finestra di una casa, mantenere i propri soldati mischiati alla popolazione civile .... mi dica D'Alema come si puo' combattere un vigliacco simile? come si puo' fermare? come si puo' ferire il suo braccio armato a meno che non sia egli stesso a buttare il mitra a terra. Diplomazia. No? davvero? ma lei pensa che la storia si fermi tra un telegiornale ed un altro? Lei insieme ai suoi concittadini ben pensanti, pensa davvero che qui tutto venga ibernato ogni volta che le telecamere si spengono? Giorni, setimane, mesi e anni di diplomazia e la posizione di Chamas non e' cambiata di un millimetro, nessun riconoscimento di Israele, la guerra armata continua (fino alla liberazione di tutta la Palestina). Palestina si intende quella definita dai Romani, quella stessa che fu assegnata dalle Nazioni Unite all'Impero Britannico dopo la sconfitta dell'Impero Ottomano. Quella stessa di cui fu proposta la spartizione nel '48, qualche giorno prima che i paesi arabi dichiarassero i tre "No" e iniziassero la prima offensiva allo stato d'Israele. Ma questa e' storia e ricordo che per lei non esiste la storia ma solo edizioni di Tele giornale. La diplomazia ad ogni modo, aiutata da una "mirata" reazione militare ha dato i suoi frutti e si arriva -mesi fa-, ad un cessate il fuoco. Chamas tramite paesi arabi quali la Turchia, accetta di trattare con Israele, lo stato che non riconosce. I razzi continuano a piovere... perche'??? ma perche'??? mi chiedo io! a quale scopo? sono un entita' con autoria' oppure sono frammenti di clan e gruppi che si litigano il potere in continuazione? cosa diavolo pensano di raggiungere in questo modo? il cessate il fuoco non regge piu' di 48 ore e i razzi cadono. Mesi di finto cessate il fuoco, mentre Israele glissa, mentre il mondo se ne infischia (forse impegnato a guardare paperissima). L'Egitto taglia qualsiasi contatto con Chamas (fino all'altro ieri l'Egitto, offeso e umiliato dalla cecita' di Chamas, manteneva i rapporti unicamente con Abu Mazen), la comunita' internazionale se ne f....e (mi scusi il linguaggio ma la rabbia sale per l'ipocrisia che sa - che sapete dimostrare rispetto al Medio Oriente). La diplomazia fallisce per mesi... per centinaia di missili, per centinaia di allarmi rossi, per centinaia di corse ai bunker, per decine di giorni senza scuola, per decine di migliaia di pianti di bambini terrorizzati se scatta anche una sirena di un auto! la diplomazia fallisce e ha inizio la guerra. Lo stato di Israele ha il dovere come stato sovrano di difendere i propri cittadini. Non e' un diritto, e' un dovere. E ha inizio il gioco del gatto e del topo e le telecamere si accendono. I signori di Chamas trovano rifugio sotto l'ospedale di Gaza, nei bunker, protetti dalla morale che loro disconoscono. Israele conosce Gaza purtroppo, conosce la tattica dei terroristi, sa che a grandi linee si tratta di attirare Israele nei vicoli delle citta' per causare piu' vittime tra i civili per far crescere l'indignazione mondiale, per isolare Israele. Questa volta pero' non e' possibile tornare indietro. Non si puo' pensare di ritornare ai mesi di razzi su israele senza risposta. La situazione deve cambiare e improvvisamente i ben pensanti iniziano a pensare, si ricordano che hanno lasciato Gaza in mano a ... buh... in mano a ... come chiamarli a parte terroristi, irresponsabili... cosa sono? deficenti? non so. I ben pensanti iniziano a girare la regione. Chamas continua a sparare razzi e minacciare di arrivare a Tel Aviv, di massacrare tutti i sionisti, urla e parla di Allah che porta la vittoria e sembra tanto ridicolo, grottesco, se non fosse cos'i vero, se non sentissi dentro di me la paura per gli amici che sono stati richiamati, la preoccupazione per i razzi che si avvicinano a casa mia, all'asilo dei miei bambini (chiusi a chiave nell'edificio in questi giorni per paura di attentati), la tristezza per i morti e feriti civili intrappolati dal fanatismo dei propri leader, la rabbia per gli ignoranti che nelle piazze urlano slogan, robot a cui si mettono e tolgono le pile, gente che se ne strafotte per la maggior parte del tempo e che passa il resto del tempo spaparanzata sulla poltrona di casa tra un grande fratello e una corrida, mentre qui la storia non va avanti, una situazione che non ha nulla di razionale, una guerra stupida.
Che i nostri ragazzi tornino a casa il piu' presto possibile a continuare la vita interrotta.