lunedì 17 settembre 2007

In treno

Non mi é possibile prendere il treno e non perdermi nei pensieri. I binari attraversano boschi che si estendono dalla periferia di Berlino a Wansee fino a Potsdam. Mi capita di sognare ad occhi aperti, di vedere gruppi di persone attraverso i rami, nel bosco fitto, i vestiti grigi lacerati, li perdo, il treno corre ma poi riappaiono in un nuovo angolo del sottobosco. Nulla é verde ancora, sono alberi alti che formano una rete a maglie e bloccano ogni tentativo di rischiarare la terra di asciugarla dal lungo inverno. Camminare senza scarpe adatte deve essere fastidioso, l'umido deve insinuarsi nei piedi e raggiungere le ossa per infreddolirti tutto il corpo. Non c'é uomo. Non sono famiglie in gita, nessun maschio, nessun papá o fratello maggiore che porti lo zaino per il pic nic, bambini e donne. Non vanno al mercato del paese vicino, non hanno borse e i bambini non girano intorno alla madre o sorella maggiore con quell'eccitazione piena di curiositá e attesa di un piccolo regalo tra la spesa. Le donne hanno lo sguardo in basso i capelli lasciati a se stessi e all'umido del bosco. I bambini hanno lo sguardo stanco, fisso, spaurito disorientato come solo un bimbo che non trova nella madre appoggio e fiducia puó avere. Camminano e i loro aliti disegnano nuvolette bianche nella mattina fredda. Dietro a loro nel silenzio della mia mente, sento lo scricchiolio dei ramoscelli spezzati dall'inverno, sento i respiri affannati dei pastori tedeschi e il metallo della canna del fucile che sbatte sulla cintola dei soldati. Mi guardo intorno sul treno della mattina che porta me al lavoro e non riconosco nessuno e nessuno vede. Poi gli spari.

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